Uno strano cliente

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wyvern
view post Posted on 13/6/2012, 17:47




Natalya è china sul laboratorio di oreficeria, intenta a lavorare sulla nuova creazione. Un giorno come tutti gli altri, un normale giorno di lavoro.
Si accorge appena del suono della porta che si richiude e delle parole del vecchio proprietario della bottega che, al bancone, saluta il nuovo giunto quasi con deferenza.
Si accorge a stento delle parole del nuovo cliente, che apparentemente sta cercando qualcosa in particolare. E a malapena si accorge della risposta del vecchio, che gli dice di seguirlo.
Però si accorge decisamente della mano del vecchio che, timidamente, le sfiora la spalla.

Natalya, quest'uomo...

La frase del padrone della bottega viene interrotta brutalmente dall'altro uomo, che spinge di lato il vecchio e si avvicina alle spalle di Natalya.

Proprio come sognavo, dunque.

La voce alle spalle di Natalya è bassa e raschiante, come se l'uomo avesse problemi alla gola. Ed il puzzo pungente del tabacco che emana dal suo corpo toglie ogni dubbio su cosa abbia causato tali problemi. L'uomo deve essersi acceso un'altra sigaretta, poiché Natalya ora avverte l'odore del fumo che comincia ad aleggiare nel laboratorio.

Natalya Romanov le dice l'uomo, posandole una mano sulla spalla. Vieni con me.

Senza darle spiegazioni di sorta, l'uomo comincia a tirarla in piedi di forza.

Descrivi le emozioni ed i pensieri di Natalya, e la sua reazione alle azioni dell'uomo
 
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Misia-chan
view post Posted on 13/6/2012, 20:37




Natalya2
Natalya

La donna stava lavorando attentamente a un anello che era stato commissionato all'orefice da una nobildonna della città, il suo compito era di inserire un rubino nell'anello, perché all'anello della nobildonna le si era staccato e andava rimpiazzato.
Il suo datore di lavoro era troppo vecchio per vederci bene, anche utilizzando gli occhiali con le lenti d'ingrandimento, percui aveva istruito lei a fare quei tipi di lavori di precisione.
Sentì un cliente entrare e subito dopo il parlottare con il vecchio orefice; distrattamente non si rese nemmeno conto di cosa si erano detti, perché troppo concentrata, e anche se lei era poco distante dal banco.
Stava attenta a mettere un rubino sui fragili denti che ne avrebbero incastonato la pietra sull'anello, quando la mano dell'anziano la scosse e sollevò la testa abbassandosi gli occhiali.
Detestava essere interrotta mentre lavorava e lasciare i lavori a metà.
Il vecchio sembrava volesse, anzi tentasse di dirle qualcosa, ma era come se non ne avesse il coraggio e lei lo guardò corrucciata.
Come entrò il cliente, qualcosa scattò in lei e un brutto presentimento la fece subito mettere in guardia, poi tutto accadde piuttosto velocemente.
Un uomo spinse in malo modo l'orefice, fatto che infastidì la donna, trovando piuttosto scortese che un uomo di quella età venisse maltrattato così, senza aver fatto nulla.
"Proprio come sognavo!?" sentì dire dalla voce dell'uomo, gracchiante e rauca e percepì il fastidioso puzzo di fumo che permeò l'aria nel retrobottega.
Cosa voleva dire con quella frase? cosa aveva sognato? Aveva sognato la bottega? lei? impossibile! che sapesse magari del suo passato e la stesse cercando?
L'idea le fece venire i brividi sul braccio.
Si coprì il naso e la bocca con la mano ottenendo scarsi risultati e tossendo con gli occhi che le lacrimavano, non che le desse così fastidio il fumo, ma si era addensato troppo in fretta in quello spazio chiuso e stretto.
L'uomo la prese per la spalla e la costrinse ad alzarsi, di forza, rovesciando la sedia.
Forse fu il fatto che era stato un uomo, forse era il modo in cui l'aveva fatta alzare o ordinato di alzarsi, ma la ragazza prese in fretta le pinze dal tavolo e cercò subito di piantare la punta acuminata e lunga delle sottili pinze da orefice nel fianco del suo malcapitato ospite, con tutto l'intento di ucciderlo.
Nessuno si doveva permettere di darle degli ordini, o disturbarla dal suo lavoro in quel modo, anche se (stranamente) conoscerla, e non si doveva permettere di metterle le mani addosso sopratutto se era un uomo.

Edited by Misia-chan - 14/6/2012, 14:15
 
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wyvern
view post Posted on 13/6/2012, 22:32




La punta delle pinze andò a segno, colpendo in pieno il bersaglio... con uno stridore metallico!
Lo strano cliente afferrò le pinze con velocità sovrumana e le strappò di mano a Natalya, per poi scagliarle lontano. Afferrò quindi la ragazza per i polsi, sollevandola di una ventina di centimetri per averla all'altezza del viso e fissandola con i suoi occhi blu scuro. Quindi, dopo averle soffiato del fumo in faccia, la posò rudemente a terra e si allontanò, permettendo alla ragazza di osservare l'armatura blu scuro di cui era vestito

loki

questa ovviamente è solo l'armatura, il personaggio non è lo stesso :P


Buttò la sigaretta ormai consumata al suolo e spenta con il piede, quindi se ne accese un'altra e si passò la mano sul cranio calvo.
Mi piace la tua grinta, donna. Sei esattamente come ti avevo sognata disse, con un ghigno.
Io sono Albert di Loki, guerriero di Asgard. E come ti dicevo, ti ho sognata.

Tirò una profonda boccata, appestando ancora di più il locale con il puzzo di fumo.

Mentre ero nelle vicinanze di una delle God Robe mi è apparsa una visione. Tu, con indosso quella stessa God Robe, in questo stesso luogo. E' un chiaro segno che gli Asi ti vogliono al loro servizio.

Albert si avvicinò a lei, tendendole una mano.

Vieni con me dunque, donna. Se sei pronta a mettere la tua vita nelle mani degli Asi.
 
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Misia-chan
view post Posted on 14/6/2012, 14:15




Natalya2
Natalya
Le pinze cozzarono contro il metallo di quella che pareva un'armatura, fu molto sorpresa che il suo attacco non andò a segno per quella protezione, fosse stata una persona comunque avrebbe perforato la carne toccando il fegato.
Trasalì spaventata, l'uomo le afferrò l'oggetto appuntito e lo scagliò lontano cadendo per terra e facendo un altro suono metallico.
Le afferrò i polsi e Natalya non ebbe la forza di reagire, si vide sollevare da terra di qualche centimetri e guardò con orrore l'uomo dinnanzi a sé.
I suoi occhi rossi scrutavano i suoi blu pieni di paura, l'essere stata bloccata in quel modo, la spaventata troppo e le ricordava troppo suo marito quando osava picchiarla.
Odiava gli uomini, gli odiava terribilmente, per come si pavoneggiavano, per come credessero di essere superiori alle donne e per come le trattavano.
Le soffiò del fumo in faccia, facendola passare da povera donna spaurita e spaventata a donna arrabbiata e incazzata nera.
«toglimi le mani di dosso, maiale!» disse scalciando e guardandolo male, nella mente della donna si formavano un sacco di pensieri poco eleganti ed insulti verso di lui.
Poco dopo la lasciò cadere a terra e si fece male al sedere.
«ahio...» lo guardò un'altra volta male e si rialzò lentamente.
L'uomo le parlò dicendole di come l'aveva sognata e presentandosi e spiegandole la sua visione.
Natalya si sistemò i vestiti e incrociò le braccia «mi chiamo Natalya, "uomo"» precisò a denti stretti e indispettita, non sopportava che la chiamasse "donna".
Quel maschilismo la mandava in bestia, sapeva quanto fossero vichinghi gli uomini del nord con le donne, ma ogni volta si arrabbiava moltissimo quando sentiva quel genere di scene.
Strinse il pugno accigliandosi, mentre con l'altra mano si massaggio i polsi.
Studiò per un po' l'uomo chiamato Albert e osservò nei dettagli l'armatura che indossava.
Ne aveva sentito parlare dalle vecchine quando andava a fare la spesa al mercato, raccontavano di questi uomini straordinari che indossavano un'armatura per proteggere gli dèi e difendere il regno di Asgard.
Alcune di quelle anziane dicevano di avere dei figli che tentavano di entrare in quel corpo militare, e raccontavano anche di come fosse difficile e pericolosa quella vita.
Fu quando Albert pronunciò la parola "god robe" che il suo interesse fu nuovamente destato.
"God robe? non sarà quella cosa di cui mi ha parlato Loki?" improvvisamente Albert le interessava di più.
Un guerriero di Asgard le si presentava alla porta, evidentemente gli Asi le stavano indicando la via da seguire, forse lo stesso Loki la stava guidando in quella direzione; erano anche anni che non pensava a quella faccenda col dio, doveva davvero entrare nell'ordine dei God Warrior per sovvertire il culto di Odino, così come lo conoscevano?
Non era obbligata, ma era come se avesse fatto al dio Loki un'implicita promessa.
Alzò gli occhi su Albert cercando di leggere nei suoi occhi una risposta, cercando di capire se riuscisse a leggere in lei cosa stesse tramando.
Natalya sorrise ad Albert «Mi hai vista con indosso una di queste?» disse avvicinandosi e toccando il busto di metallo dell'armatura con un dito, leggera cercando di ammaliarlo con gli occhi; quando le disse di fidarsi di lui e mettere la vita nella mani degli Asi, ridacchiò «Oh, questo l'ho già fatto tanto tempo fa» disse enigmatica.
«ma prima... come faccio a essere certa che vieni per conto degli Asi? L'armatura potrebbe essere una prova, ma potresti anche averla rubata o ucciso il suo proprietario» disse melliflua allontanandosi da lui di un passo.
«sai, non voglio mettere la vita in mano a uno sconosciuto».
 
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wyvern
view post Posted on 15/6/2012, 10:29




Alle parole di Natalya Albert scoppiò a ridere, una risata che si tramutò rapidamente in un accesso di tosse. Terminato questo l'uomo si accese con noncuranza l'ennesima sigaretta, evidentemente curandosi ben poco delle sue stesse condizioni di salute.
Se meno scaltra di quello che sembri disse, aspirando dalla sigaretta. Donna
L'ultima parola era stata detta con il chiaro intento di colpire Natalya, che aveva ampiamente dimostrato di non amare che le si rivolgesse in tal modo.
Con la nocca dell'indice Albert diede un colpetto sul pettorale dell'armatura.
Credi che queste siano delle comuni armature? Pensi forse che possano essere strappate da un cadavere ed indossate? Solo gli Asi possono concedere ad un uomo di indossarle.
D'improvviso Albert girò le spalle a Natalya, cominciando a dirigersi verso l'uscita del negozietto.
In ogni caso non ho tempo da perdere
Superato il bancone Albert scagliò al suolo la sigaretta, ancora accesa, e si avvicinò alla porta.
Gli Asi ti hanno mostrato la via. Se sei troppo femmuniccia per seguirla, rimani pure qui a divertirti con i tuoi ninnoli. Altrimenti seguimi.
Senza attendere la risposta Albert attraversò la porta ed uscì nel gelo di Asgard.
 
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Misia-chan
view post Posted on 15/6/2012, 17:14




Natalya2
Natalya
Natalya inspirò profondamente cercando di mantenere la sua già labile pazienza contro quel residuo di escremento che era quel God warrior, i suoi occhi rossi parvero maggiormente fiammeggianti, di un rosso più intenso e crudele.
La voglia di ucciderlo aumentò esponenzialmente quando la chiamò nuovamente "donna".
"Così vuoi fare questo gioco? appena ne avrò l'opportunità avrai modo di pentirtene e ti farò inginocchiare ai miei piedi, bastardo!" lo guardò accigliata quando pronunciò altre parole e vanterie riguardo alla sua armatura.
Si vantava di essersi guadagnato quell'armatura e che gli stessi dei l'avevano prescelto! ma guarda un po' tu che tipo gradasso! doveva trovare un modo per fargli abbassare la cresta e prima o poi ci sarebbe riuscita.
Senza rendersene conto riconobbe di avere più di un motivo per seguire quell'uomo, stronzo, ma altrettanto curioso.
Ignorò completamente la nuova "offesa" riguardante il suo genere femminile, ma lo registrò nell'anticamera del cervello per una prossima occasione, prima di seguirlo baciò sulle guance l'orefice e lo salutò avvisandolo che non sapeva quando sarebbe tornata, lui chiuse gli occhi e annuì con un cenno d'assenso.
All'ingresso della bottega, davanti all'attaccapanni prese la sua pelliccia d'orso bianco e se la mise sulle spalle; si trattava di un piccolo capriccio che aveva realizzato mettendo da parte alcuni soldi e che il clima rigido di Asgard giustificava pienamente.
«Eccomi, uomo, dimmi qual è la via» disse aspettando appena fuori dalla porta.
 
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wyvern
view post Posted on 20/6/2012, 09:58




Quella.
Seguendo con lo sguardo la direzione puntata dall'indice di Albert Natalya avrebbe posato lo sguardo sul una foresta estremamente fitta, a nord est rispetto a dove si trovavano loro due.
Quella è la foresta di Ametista spiegò Albert, spegnendo nella neve l'ennesima sigaretta. La God Robe è lì, nel centro esatto della foresta. Ma raggiungerla non sarà facile come sembra. Dovrai risvegliare il tuo Cosmo.
Soffiando una nuvoletta di fumo da una nuova sigaretta, comparsa come per magia tra le sue labbra, Albert spiegò rapidamente a Natalya cos'era il Cosmo.
Se riuscirai a percepire l'Universo dentro di te, potrai compiere ogni genere di cose. Diverrai ben più di una semplice mortale. Ora và e muori, o và e torna come guerriera di Odino. In quanto a me...
Aspirò un'ultima boccata di fumo dalla sigaretta senza filtro, quasi lambendosi le labbra con la fiamma, gettò a terra il mozzicone e volse le spalle a Natalya, dirigendosi verso il castello di Asgard.
Come ho già detto, non ho tempo da perdere con una donnetta.
Detto questo si allontanò, lasciando Natalya da sola.
Se riuscirai a tornare dalla foresta di Ametista forse varrà la pena erdere altro tempo con te.

La foresta era un luogo buio. Il già debole sole di Asgard penetrava a stento tra le fitte fronde degli alberi, dando al luogo un aspetto ancora più lugubre di quello che già non doveva avere.
Tutto intorno, nella neve e sui tronchi degli alberi, Natalya poteva scorgere dei cristalli di ametista, che andavano dalle dimensioni di un grosso sasso a formazioni di tre metri e più di altezza.
Alcuni di essi, grandi poco più di un uomo, contenevano una sorpresa: c'erano delle persone intrappolate all'interno. Persone di ogni sesso, età, etnia e periodo storico erano incastonate nell'ametista, come zanzare preistoriche nell'ambra: sembrava quasi di essere in un museo.
Dopo una lunga scarpinata Natalya arrivò in una radura al centro della foresta, dove vide un cristallo di Ametista grande circa due metri: al suo interno scintillava l'armatura di Megrez.
Appena la donna fece un passo nella radura, però, la neve nei dintorni dell'armatura iniziò a ribollire, e da sotto terra uscì l'inferno: cinque scheletri, vestiti di stracci ed armati con quelle che sembravano clave di ametista, emersero dal suolo, e cominciarono a dirigersi a passo lento e barcollante verso Natalya.

Innanzitutto scusa il ritardo, ma son stati dei giorni tremendamente impegnati ._.
Come avrai intuito, devi distruggere gli scheletri... oppure voltarti e fuggire a gambe levate, ovviamente perdendo la possibilità di diventare God Warrior.
Descrivi:
- la passeggiata per la foresta (e eventualmente la foresta stessa)
- il risveglio del cosmo
- lo scontro con gli scheletri (ovviamente trattandosi di un allenamento hai la facoltà di essere autoconclusiva :) )
- non sei obbligata a descrivere nei minimi particolari la ri-uccisione di ognuno degli scheletri: descrivine almeno uno, poi gli altri se vuoi puoi essere più rapida
- enjoy :D
 
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Misia-chan
view post Posted on 26/6/2012, 01:17




Natalya2
Natalya
"Il saggio indica la luna e lo stolto guarda il dito".
Le venne in mente quel vecchio proverbio quando puntò lo sguardo dal dito lo percorse e ne seguì la direzione.
Era ancora una stolta priva di alcun potere, ma laggiù, oltre quella foresta, doveva esserci il suo futuro. O forse il suo passato.
Un passo alla volta, il suo destino si stava compiendo, non sapeva dove portava il suo cammino, il suo desiderio di rivalsa e d'orgoglio la fecero avanzare nella via del paese e all'uscita della città.
Lo sguardo della donna era serio e fisso su quella meta, perdendosi in densi ricordi del passato, dei suoi genitori, la sorella, il marito e la bambina.
Nel suo cuore sentiva che aveva bisogno di un grosso cambiamento e se quel dio non aveva mentito, era stata già baciata dagli dei che avrebbero disegnato un percorso per lei.
Distrattamente ascoltò le nozioni riguardo al cosmo perdendosi varie parti, del resto Albert, aveva così poca voglia di spiegarglielo che fece in fretta con poche parole.
Quando ebbe terminato di parlare, si rese conto ad aver fatto male a non aver ascoltato bene quei dettagli che le sarebbero tornati utili dopo e se ne pentì mordendosi il labbro inferiore scarlatto del rossetto.
«Diamine» imprecò dopo che Albert se ne fu andato e l'aveva insultata con l'ennesima frecciatina maschilista.
"Se sei venuto a prendermi alla bottega, significherà pure che conto qualcosa, altrimenti non avresti mai perso tempo per me, se non contassi nulla.» disse sottovoce al vento e al nulla.
Con lo sguardo fiero e determinato si incamminò verso la foresta e mentre camminava rifletteva: "se sa di me, forse sa anche di Lizaveta, però non posso esserne sicura, ha soltanto detto di avermi sognata, di aver sognato me soltanto e quell'armatura" smise di seguire la strada lastricata in pietra e uscì nella neve sprofondando fin sotto al ginocchio, la pelliccia strusciava bianca sulla neve altrettanto candida e sentiva la pelle nuda coperta appena dalle calze velate gelare, poco sotto la gonna e rabbrividì tutta, anche a causa del vento impetuoso che infieriva crudele sul suo corpo.
"sembrano volermi davvero mettere alla prova, ho anche gli elementi contro" disse alzando per un momento gli occhi al cielo, ma una folata di vento e neve la costrinse ad abbassare lo sguardo.
Davanti a lei c'era la foresta e se si fosse attardata troppo avrebbe perso l'orientamento.
Se conosceva bene Asgard, di lì a poco sarebbe scoppiata una tempesta, ma chissà, il tempo era molto imprevedibile.
Tuttavia, a lei non interessava il tempo atmosferico, perché all'interno della foresta infieriva molto meno.
Appena mise piede lì dentro, capì che era un posto completamente diverso, magico, in ogni direzione la neve bianca aveva ricoperto tutto e sentì che lì dentro si sarebbe smarrita senza un aiuto.
"Bene, Liza, la mamma morirà perché si è smarrita nel bosco come cappuccetto rosso" un risolino le uscì dalle labbra serrate e sospirò, mise le mani sui fianchi e decise che c'era poco da fare, doveva semplicemente proseguire dritto davanti a sé per un unica direzione.
Se c'era un'armatura lì da qualche parte per lei, sicuramente era nel posto più difficile e impervio da raggiungere, e come aveva detto Albert precisamente nel mezzo.
Perciò decise di abbandonare l'idea di percorrere il perimetro del bosco per capire meglio dove si trovava.
Solo allora le venne in mente che avrebbe potuto segnare gli alberi con un coltello o dei nastri da legare, ma aveva lanciato contro il guerriero le pinze da orefice e giacevano ancora nel pavimento della bottega, le sarebbero tornate utili, ma non aveva niente con sé, a parte gli indumenti e la pelliccia.
Cominciò finalmente a camminare, pensando che se anche avesse trovato una pietra per puro caso, in mezzo alla neve alta e bianca, avrebbe soltanto perso tempo a segnare gli alberi, faticando inutilmente e magari senza poi riuscire effettivamente a riconoscere i segni, così rinunciò anche a quell'idea.
Man mano che avanzava qualcosa la stupì e la fece precipitare ad osservare i frammenti di ametista che adornavano la foresta e i tronchi degli alberi.
Incantata e stupita, si avvicinò a un albero e cercò bassamente di staccare il cristallo dalla corteccia, finendo per tagliarsi le dita con la pietra.
«Ahia!» sui polpastrelli uscirono delle gocce di sangue che caddero per terra sulla neve bianca, macchiandola di rosso.
«Non ho i miei attrezzi...» mentre si succhiava le dita ferite si rese conto che più in là c'era una meraviglia della natura ancora più grande e bella, dei riflessi violetti penetravano la cappa di oscurità che aleggiava nella foresta, mandando moltitudini di colori della gamma del viola e alcune volte del rosso.
Si precipitò affannandosi nella neve, dentro la foresta era sensibilmente più bassa, ma le impediva in parte i movimenti.
Si accucciò a guardare delle teche di ametista osservando al loro interno il contenuto: erano tutti esseri umani, alcuni normali, altri indossavano delle vecchie armature, era uno spettacolo affascinante e lugubre, perché era certa che le persone custodite perfettamente al loro interno erano morte.
Appoggiò i palmi sulla superficie liscia di una teca incantata ad osservare una bella fanciulla dai capelli d'oro, la ragazza, sui sedici anni, sembrava addormentata.
Rimase diverse ore a mirare le teche osservando ogni sfumatura, il colore e la bellezza della pietra.
«Questo luogo...è di inestimabile valore» gemette eccitata al pensiero di possedere anche solo uno di quei frammenti di cristallo.
Non si rese conto dell'armatura a pochi passi da lei e allo stesso modo, non si rese conto degli scheletri che si erano animati e barcollando e scricchiolando si stavano avvicinando pericolosamente a lei.

Tutti e cinque gli scheletri erano armati di una mazza con dei chiodi che spuntavano fuori dal legno, alcuni agitavano e fendevano l'aria stringendo le armi nelle mani scheletriche grazie a un potere segreto e nascosto.
Schioccavano le mascelle e scricchiolavano mentre camminavano buffamente, ciondolando, quando furono a una distanza ragionevole, l'attaccarono accelerando improvvisamente con uno scatto disumano.
Spaventata, colse la palla al balzo e vedendole arrivare l'attacco con una straordinaria capacità di prevedere gli attacchi scartò di lato, gli scheletri sbatterono tutti contro la teca d'ametista infrangendola con i loro attacchi e le loro clave, mentre tre precipitati gli uni sugli altri cercavano di ricomporsi e rimettersi in piedi, gli altri due avanzarono verso Natalya.
Si mise d'istinto in una posizione difensiva, con il busto piegato in avanti e le gambe leggermente divaricate, una avanti e una indietro con le mani davanti a proteggerla.
Ricordando cosa avevano fatto poc'anzi, sapeva che ad un certo punto avrebbero scattato verso di lei per colpirla con le mazze.
L'intelligenza di quegli esseri era davvero ridicola, ed era certa che con poco sforzo se ne sarebbe liberata.
Il problema non erano i loro attacchi, perché riusciva sorprendentemente a vederli arrivare, forse si trattava di un'abilità innata o i cosiddetti non morti erano piuttosto lenti.
Si spostò un ciuffo dal viso e schivò verso destra uno scheletro che le era saltato letteralmente addosso, mentre il secondo le veniva addosso correndo.
Ecco, quella era una mossa inaspettata, e la fece precipitare in una fastidiosa disperazione perché si sentiva stupidamente disarmata.
"Ho bisogno di un'arma, ho bisogno di un'arma, ho bisogno...dannatamente di un'arma!" pensò digrignando i denti mentre un colpo di clava la colpì sulla testa, intontendola e facendola sanguinare alla tempia.
Vide, con la vista annebbiata il secondo scheletro venire verso di lei, e poco distante gli altri tre che si erano finalmente ricomposti camminare inquietanti nella loro direzione.
Il loro modo di combattere era grezzo, ma era un gruppo di cinque e lei non sapeva nemmeno sferrare un pugno.
La stavano lentamente accerchiando, costringendola a battere in ritirata incoscientemente, senza rendersi conto che si stava mettendo in trappola da sola .
Era alle strette e alle sue spalle gli alberi, ricoperti d'ametista e le teche formavano come dei muri.
«Diamine!» imprecò di nuovo guardando la parete d'ametista che insieme ai tronchi degli alberi le bloccava la strada.
Toccò la pietra «è finita amica mia» appoggiò la mano contro il cristallo con all'interno una persona alta e scura di pelle con una strana cresta al centro che divideva in due la testa rasata.
Dapprincipio non se ne rese conto, ma qualche istante dopo sentì una vibrazione venire dal cristallo.
I nemici erano sempre più vicini, sentì una specie di fremito all'interno del suo corpo che la portò a toccarsi il petto sorpresa, poi la sensazione si fece più vicina e forte.
Natalya chiuse gli occhi e sentì una potente e profondissima energia ancestrale venirle da dentro risvegliandosi e crescendo come una vibrazione che si ampliava e diventava sempre più forte come un onda.
Sollevò la mancina e la punto verso l'alto oltre la testa, si formò una sorta di nebbiolina violacea, poi si trasformò in una sorta di polvere e infine la stessa si agglomerò in vari sassolini che a velocità sorprendente prendevano la forma di pugnali simili alle punte di frecce preistoriche ma dalla trasparenza e il colore dell'ametista.
Ben sette pugnali, come le stelle della costellazione dell'Orsa Maggiore, sfrecciarono in direzione del primo scheletro e ci fu un rumore come di centinaia di vetri infranti, le ossa dello scheletro furono trapassate e bucherellate nella gabbia toracica, le braccia e il teschio che crollò a terra senza rialzarsi più.
Il secondo scheletro, e Natalya con una rapida occhiata ricordò ne mancavano ancora tre, saltò e l'attaccò con la clava, lei si parò con il braccio sinistro, ma l'urto della clava fu talmente doloroso che sentì probabilmente qualche ossa rompersi.
«AAAAAH!» il suo urlo si perse nella foresta, disturbando solo alcuni corvi che gracchiando volarono via.
Lo scheletro per nulla intimorito alzò nuovamente la clava e spaventata per la prossima ferita che avrebbe ricevuto, alzò il palmo della mano destra e da essa uscì la stessa nebbiolina viola che però rassomigliava più a un cono di luce.
Quando la donna riaprì gli occhi vide che il secondo scheletro era imprigionato in una teca viola.
«Cos-? io...ho fatto questo?» era stupefatta e si guardò le mani.
"non posso crederci" incredula, osservò gli altri scheletri attaccarla tutti e tre insieme quasi si fossero infuriati per quello che aveva fatto ai loro amichetti.
Con uno sforzo sovrumano, alzò entrambe le braccia provando un fortissimo dolore al braccio sinistro, ma si sforzò e raccolse tutte le energie che sentiva dentro di sé concentrandole tutte in un unico punto, sulle mani.
Aveva capito in fretta che si trattava di una questione mentale e di convinzione, ma sopratutto di concentrazione.
Era partita svantaggiata perché non aveva seguito le blande lezioni di Albert, ma fortunatamente (si trattava davvero di un caso?) proprio nel momento del bisogno, proprio a causa della paura aveva trovato l'energia necessaria per combattere.
Due potenti luci uscirono dalle sue mani, si incrociarono aumentando il raggio d'azione di quella non sapeva fosse una tecnica, e incastonò nell'ametista gli altri tre scheletri.
Affannata come se avesse combattuto a mani nude e avesse corso guardò l'opera svolta, uno scheletro giaceva a terra perforato, gli altri tre bloccati nel gioiello.
Cadde su un ginocchio ritrovandosi a percepire tutti i dolori del caso, la tempia gli pulsava forte e le doleva e il braccio mandava forti dolori.
«Ah...» gemette e sorrise «ci manca giusto che spunti fuori Albert proprio adesso...» cadde a terra sul fianco «...e mi veda in questo stato» disse ansimando.

Edited by Misia-chan - 26/6/2012, 20:41
 
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