Natalya"Il saggio indica la luna e lo stolto guarda il dito".
Le venne in mente quel vecchio proverbio quando puntò lo sguardo dal dito lo percorse e ne seguì la direzione.
Era ancora una stolta priva di alcun potere, ma laggiù, oltre quella foresta, doveva esserci il suo futuro. O forse il suo passato.
Un passo alla volta, il suo destino si stava compiendo, non sapeva dove portava il suo cammino, il suo desiderio di rivalsa e d'orgoglio la fecero avanzare nella via del paese e all'uscita della città.
Lo sguardo della donna era serio e fisso su quella meta, perdendosi in densi ricordi del passato, dei suoi genitori, la sorella, il marito e la bambina.
Nel suo cuore sentiva che aveva bisogno di un grosso cambiamento e se quel dio non aveva mentito, era stata già baciata dagli dei che avrebbero disegnato un percorso per lei.
Distrattamente ascoltò le nozioni riguardo al cosmo perdendosi varie parti, del resto Albert, aveva così poca voglia di spiegarglielo che fece in fretta con poche parole.
Quando ebbe terminato di parlare, si rese conto ad aver fatto male a non aver ascoltato bene quei dettagli che le sarebbero tornati utili dopo e se ne pentì mordendosi il labbro inferiore scarlatto del rossetto.
«Diamine» imprecò dopo che Albert se ne fu andato e l'aveva insultata con l'ennesima frecciatina maschilista.
"Se sei venuto a prendermi alla bottega, significherà pure che conto qualcosa, altrimenti non avresti mai perso tempo per me, se non contassi nulla.» disse sottovoce al vento e al nulla.
Con lo sguardo fiero e determinato si incamminò verso la foresta e mentre camminava rifletteva:
"se sa di me, forse sa anche di Lizaveta, però non posso esserne sicura, ha soltanto detto di avermi sognata, di aver sognato me soltanto e quell'armatura" smise di seguire la strada lastricata in pietra e uscì nella neve sprofondando fin sotto al ginocchio, la pelliccia strusciava bianca sulla neve altrettanto candida e sentiva la pelle nuda coperta appena dalle calze velate gelare, poco sotto la gonna e rabbrividì tutta, anche a causa del vento impetuoso che infieriva crudele sul suo corpo.
"sembrano volermi davvero mettere alla prova, ho anche gli elementi contro" disse alzando per un momento gli occhi al cielo, ma una folata di vento e neve la costrinse ad abbassare lo sguardo.
Davanti a lei c'era la foresta e se si fosse attardata troppo avrebbe perso l'orientamento.
Se conosceva bene Asgard, di lì a poco sarebbe scoppiata una tempesta, ma chissà, il tempo era molto imprevedibile.
Tuttavia, a lei non interessava il tempo atmosferico, perché all'interno della foresta infieriva molto meno.
Appena mise piede lì dentro, capì che era un posto completamente diverso, magico, in ogni direzione la neve bianca aveva ricoperto tutto e sentì che lì dentro si sarebbe smarrita senza un aiuto.
"Bene, Liza, la mamma morirà perché si è smarrita nel bosco come cappuccetto rosso" un risolino le uscì dalle labbra serrate e sospirò, mise le mani sui fianchi e decise che c'era poco da fare, doveva semplicemente proseguire dritto davanti a sé per un unica direzione.
Se c'era un'armatura lì da qualche parte per lei, sicuramente era nel posto più difficile e impervio da raggiungere, e come aveva detto Albert precisamente nel mezzo.
Perciò decise di abbandonare l'idea di percorrere il perimetro del bosco per capire meglio dove si trovava.
Solo allora le venne in mente che avrebbe potuto segnare gli alberi con un coltello o dei nastri da legare, ma aveva lanciato contro il guerriero le pinze da orefice e giacevano ancora nel pavimento della bottega, le sarebbero tornate utili, ma non aveva niente con sé, a parte gli indumenti e la pelliccia.
Cominciò finalmente a camminare, pensando che se anche avesse trovato una pietra per puro caso, in mezzo alla neve alta e bianca, avrebbe soltanto perso tempo a segnare gli alberi, faticando inutilmente e magari senza poi riuscire effettivamente a riconoscere i segni, così rinunciò anche a quell'idea.
Man mano che avanzava qualcosa la stupì e la fece precipitare ad osservare i frammenti di ametista che adornavano la foresta e i tronchi degli alberi.
Incantata e stupita, si avvicinò a un albero e cercò bassamente di staccare il cristallo dalla corteccia, finendo per tagliarsi le dita con la pietra.
«Ahia!» sui polpastrelli uscirono delle gocce di sangue che caddero per terra sulla neve bianca, macchiandola di rosso.
«Non ho i miei attrezzi...» mentre si succhiava le dita ferite si rese conto che più in là c'era una meraviglia della natura ancora più grande e bella, dei riflessi violetti penetravano la cappa di oscurità che aleggiava nella foresta, mandando moltitudini di colori della gamma del viola e alcune volte del rosso.
Si precipitò affannandosi nella neve, dentro la foresta era sensibilmente più bassa, ma le impediva in parte i movimenti.
Si accucciò a guardare delle teche di ametista osservando al loro interno il contenuto: erano tutti esseri umani, alcuni normali, altri indossavano delle vecchie armature, era uno spettacolo affascinante e lugubre, perché era certa che le persone custodite perfettamente al loro interno erano morte.
Appoggiò i palmi sulla superficie liscia di una teca incantata ad osservare una bella fanciulla dai capelli d'oro, la ragazza, sui sedici anni, sembrava addormentata.
Rimase diverse ore a mirare le teche osservando ogni sfumatura, il colore e la bellezza della pietra.
«Questo luogo...è di inestimabile valore» gemette eccitata al pensiero di possedere anche solo uno di quei frammenti di cristallo.
Non si rese conto dell'armatura a pochi passi da lei e allo stesso modo, non si rese conto degli scheletri che si erano animati e barcollando e scricchiolando si stavano avvicinando pericolosamente a lei.
Tutti e cinque gli scheletri erano armati di una mazza con dei chiodi che spuntavano fuori dal legno, alcuni agitavano e fendevano l'aria stringendo le armi nelle mani scheletriche grazie a un potere segreto e nascosto.
Schioccavano le mascelle e scricchiolavano mentre camminavano buffamente, ciondolando, quando furono a una distanza ragionevole, l'attaccarono accelerando improvvisamente con uno scatto disumano.
Spaventata, colse la palla al balzo e vedendole arrivare l'attacco con una straordinaria capacità di prevedere gli attacchi scartò di lato, gli scheletri sbatterono tutti contro la teca d'ametista infrangendola con i loro attacchi e le loro clave, mentre tre precipitati gli uni sugli altri cercavano di ricomporsi e rimettersi in piedi, gli altri due avanzarono verso Natalya.
Si mise d'istinto in una posizione difensiva, con il busto piegato in avanti e le gambe leggermente divaricate, una avanti e una indietro con le mani davanti a proteggerla.
Ricordando cosa avevano fatto poc'anzi, sapeva che ad un certo punto avrebbero scattato verso di lei per colpirla con le mazze.
L'intelligenza di quegli esseri era davvero ridicola, ed era certa che con poco sforzo se ne sarebbe liberata.
Il problema non erano i loro attacchi, perché riusciva sorprendentemente a vederli arrivare, forse si trattava di un'abilità innata o i cosiddetti non morti erano piuttosto lenti.
Si spostò un ciuffo dal viso e schivò verso destra uno scheletro che le era saltato letteralmente addosso, mentre il secondo le veniva addosso correndo.
Ecco, quella era una mossa inaspettata, e la fece precipitare in una fastidiosa disperazione perché si sentiva stupidamente disarmata.
"Ho bisogno di un'arma, ho bisogno di un'arma, ho bisogno...dannatamente di un'arma!" pensò digrignando i denti mentre un colpo di clava la colpì sulla testa, intontendola e facendola sanguinare alla tempia.
Vide, con la vista annebbiata il secondo scheletro venire verso di lei, e poco distante gli altri tre che si erano finalmente ricomposti camminare inquietanti nella loro direzione.
Il loro modo di combattere era grezzo, ma era un gruppo di cinque e lei non sapeva nemmeno sferrare un pugno.
La stavano lentamente accerchiando, costringendola a battere in ritirata incoscientemente, senza rendersi conto che si stava mettendo in trappola da sola .
Era alle strette e alle sue spalle gli alberi, ricoperti d'ametista e le teche formavano come dei muri.
«Diamine!» imprecò di nuovo guardando la parete d'ametista che insieme ai tronchi degli alberi le bloccava la strada.
Toccò la pietra
«è finita amica mia» appoggiò la mano contro il cristallo con all'interno una persona alta e scura di pelle con una strana cresta al centro che divideva in due la testa rasata.
Dapprincipio non se ne rese conto, ma qualche istante dopo sentì una vibrazione venire dal cristallo.
I nemici erano sempre più vicini, sentì una specie di fremito all'interno del suo corpo che la portò a toccarsi il petto sorpresa, poi la sensazione si fece più vicina e forte.
Natalya chiuse gli occhi e sentì una potente e profondissima energia ancestrale venirle da dentro risvegliandosi e crescendo come una vibrazione che si ampliava e diventava sempre più forte come un onda.
Sollevò la mancina e la punto verso l'alto oltre la testa, si formò una sorta di nebbiolina violacea, poi si trasformò in una sorta di polvere e infine la stessa si agglomerò in vari sassolini che a velocità sorprendente prendevano la forma di pugnali simili alle punte di frecce preistoriche ma dalla trasparenza e il colore dell'ametista.
Ben sette pugnali, come le stelle della costellazione dell'Orsa Maggiore, sfrecciarono in direzione del primo scheletro e ci fu un rumore come di centinaia di vetri infranti, le ossa dello scheletro furono trapassate e bucherellate nella gabbia toracica, le braccia e il teschio che crollò a terra senza rialzarsi più.
Il secondo scheletro, e Natalya con una rapida occhiata ricordò ne mancavano ancora tre, saltò e l'attaccò con la clava, lei si parò con il braccio sinistro, ma l'urto della clava fu talmente doloroso che sentì probabilmente qualche ossa rompersi.
«AAAAAH!» il suo urlo si perse nella foresta, disturbando solo alcuni corvi che gracchiando volarono via.
Lo scheletro per nulla intimorito alzò nuovamente la clava e spaventata per la prossima ferita che avrebbe ricevuto, alzò il palmo della mano destra e da essa uscì la stessa nebbiolina viola che però rassomigliava più a un cono di luce.
Quando la donna riaprì gli occhi vide che il secondo scheletro era imprigionato in una teca viola.
«Cos-? io...ho fatto questo?» era stupefatta e si guardò le mani.
"non posso crederci" incredula, osservò gli altri scheletri attaccarla tutti e tre insieme quasi si fossero infuriati per quello che aveva fatto ai loro amichetti.
Con uno sforzo sovrumano, alzò entrambe le braccia provando un fortissimo dolore al braccio sinistro, ma si sforzò e raccolse tutte le energie che sentiva dentro di sé concentrandole tutte in un unico punto, sulle mani.
Aveva capito in fretta che si trattava di una questione mentale e di convinzione, ma sopratutto di concentrazione.
Era partita svantaggiata perché non aveva seguito le blande lezioni di Albert, ma fortunatamente (si trattava davvero di un caso?) proprio nel momento del bisogno, proprio a causa della paura aveva trovato l'energia necessaria per combattere.
Due potenti luci uscirono dalle sue mani, si incrociarono aumentando il raggio d'azione di quella non sapeva fosse una tecnica, e incastonò nell'ametista gli altri tre scheletri.
Affannata come se avesse combattuto a mani nude e avesse corso guardò l'opera svolta, uno scheletro giaceva a terra perforato, gli altri tre bloccati nel gioiello.
Cadde su un ginocchio ritrovandosi a percepire tutti i dolori del caso, la tempia gli pulsava forte e le doleva e il braccio mandava forti dolori.
«Ah...» gemette e sorrise
«ci manca giusto che spunti fuori Albert proprio adesso...» cadde a terra sul fianco
«...e mi veda in questo stato» disse ansimando.
Edited by Misia-chan - 26/6/2012, 20:41